Un’intervista per riflettere sulle molteplici forme di futuro che ci attendono e sulle scelte economiche che le imprese si troveranno ad affrontare per la ripartenza, finanziaria e sociale, del nostro paese.
Ospite della terza puntata è il professor Luigi Corvo, docente di Innovazione sociale e responsabile sociale dell’impresa presso la Facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata e docente di Public Managment presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza, nonché fondatore di Open Impact, uno spin off dedicato allo studio e alla valutazione dell’impatto sociale degli investimenti e delle politiche pubbliche. Intervistato dal Direttore Tecnico del GAL Castelli Romani e Monti Prenestini Patrizia di Fazio, parla di innovazione sociale e dei beni comuni come strumenti utili alla ricostruzione del tessuto economico post crisi. Gli argomenti trattati spaziano dall’economia all’agricoltura, dalle tematiche ambientali a quelle turistiche, dalla salvaguardia dell’ambiente alla rivalutazione dei prodotti tipici e tradizionali.
“In questo periodo si sente spesso dire: chissà se potremo tornare alla normalità – ha iniziato le sue riflessioni il professor Corvo – ma forse era proprio quella normalità il problema. L’emergenza legata al Covid è di carattere sanitario ed economico. Quello che sta dimostrando è che ci portiamo dietro una crisi di fragilità endemica per come abbiamo costruito il nostro stato socio-economico. Quello che ci siamo raccontati sui modelli del ‘900 è un po’ da rivedere, perché noi attribuivamo al concetto di normalità una stabilità di flussi, relazioni e transazioni che portavano mediamente a una capacità di crescita, di prosperità, di miglioramento delle proprie condizioni materiali. Il fattore di anormalità viene rappresentato dalla crisi, ma per essere tale deve essere circoscritto rispetto alla normalità. In passato pareva che non ci fossero grandi relazioni tra quello che succedeva tra i momenti di normalità e quello di crisi, ma soprattutto che i periodi di crisi fossero brevi e circoscritti rispetto ai lunghi momenti di normalità. Ma adesso non è più così. Quello che sosteniamo noi che da tempo parliamo di economia sociale o economia civile è che non va più bene una normalità costruita su un modello di velocità sempre massima, attorno a un’esigenza di crescita continua perpetua e inarrestabile. In quel sistema, un ostacolo non provoca una riduzione dei flussi ma l’arresto o il fallimento”.
Il colloquio tra il direttore tecnico Di Fazio e il professor Corvo si è concentrato anche su un sistema dotato di anticorpi per autoimmunizzarsi, un sistema resilente che non siamo stati in grado di costruire.
“La necessità dell’attuale sistema è solo quello di tornare a crescere ed è l’istinto politico che sta emergendo in questo periodo – ha proseguito Corvo – Qual è stata la reazione istintiva della classe politica e dirigente? Quella di immettere liquidità, altrimenti le imprese falliscono, così potranno ripartire con la produzione nel più breve tempo possibile e tornare a prima del Covid. Ma il punto nevralgico è che oggi la prosperità è tutta legata a un unico indicatore che è il profitto e che non possiamo avere costi superiori ai ricavi. Ma questo è insufficiente e banale per descrivere qualcosa di più ampio come il benessere e la qualità della vita. Quello che proponiamo è aprire a una pluralità di dimensioni attraverso cui consideriamo il valore generato. Non c’è solo quella scia di valore, che va comunque considerata, ma a fianco ne dobbiamo considerare quantomeno altre due: il valore sociale e quello ambientale che vengono generati. Se cominciassimo a trasmettere non più soltanto dal micro al macro, dal profitto al Pil, ma dal benessere sociale del micro fino al benessere ecosostenibile del macro. Se riuscissimo a costruire un nuovo flusso di informazioni in grado di orientare le scelte non soltanto attorno a un flusso finanziario, ma anche ai flussi socio ambientali, avremo fatto un passo decisivo per uscire da quella fragilità. Pensiamo agli esclusi dalla società a tutta quella quota di valore che viene generata, al pari di beni e servizi commerciali, ma che non ha un controvalore finanziario perché non c’è qualcuno disponibile a pagare per quel valore. Oggi non lo consideriamo all’interno del prodotto valore generale”.
Durante la videointervista si è parlato anche di una possibile collaborazione tra il GAL Castelli Romani e Monti Prenestini con Open Impact.
Un tema che verrà approfondito il prossimo 11 maggio tramite un webinar.
“Open Impact – ha spiegato il suo fondatore, Luigi Corvo – si occupa di accesso facilitato ai dati sull’offerta e sulla domanda. Quando l’impresa chiede finanziamenti, dovrebbe avere anche una stima dell’impatto socio-ambientale atteso che intende raggiungere grazie all’utilizzo di tali risorse. Ad esempio rispetto a chi vuole accedere alle risorse economiche tramite il GAL, si potrebbe valutare non solo il valore aggiunto finanziario, ma anche gli impatti positivi per la comunità e per l’ambiente.
Vogliamo dare uno strumento per poter corredare le proposte che arrivano al GAL anche di questa parte aggiuntiva di informazione. L’altro fronte è dare al GAL gli strumenti di lettura, di comparazione, di valutazione di queste proposte che arrivano al fine di valutare la loro affidabilità”.